lunedì 17 febbraio 2014

Intervista sul culturnauta

di Ruggero Pianigiani



INCONTRI
Durante il nostro viaggio incontreremo sempre nuovi e vecchi amici.  In questa rubrica ogni volta ospiteremo una persona speciale, un viaggiatore come noi, che riconosciamo come costruttore di armonia e pace nella comunità, artefice di crescita attraverso la sua opera culturale e umana. Ci parlerà di sé attraverso tre domande che desiderano far esprimere risposte che vengono dal cuore e dall’anima. Oggi incontriamo la giovane scrittrice romana Sarah Campi.

1) Chi è Sarah?
Sarah Campi è una ragazza timida che cambia sempre la sua versione davanti ad una domanda simile. Che fin dalle elementari ha affrontato i temi personali mettendoci moltissima fantasia e poco della sua vita reale. Forse, proprio questo vivere quasi costantemente “in un altro mondo” generato dalla
 sua fantasia, l’ha protetta a lungo da questa ardua domanda. Per cui, non è strano credere che possa sinceramente rispondere che ancora non lo sa.
Certamente è una ragazza piena di contraddizioni ed è la prima a non sopportare l’insicurezza che ne deriva. Non sa se questo lato del suo carattere abbia influenzato o meno, la sua passione per la letteratura e per la scrittura: scrivere storie non è mai voluta essere un’occasione per capire meglio se stessa, quanto invece una voglia di svago, la necessità di una lettrice compulsiva di leggere una storia che l’appassionasse come mai prima: e quale metodo migliore per soddisfare i propri gusti se non scriversele da soli?
É certo, comunque, che, anche non volendo, durante la scrittura si ritrovi molto spesso a scoprire parti del proprio modo di essere che non aveva mai notato prima.

2) Raccontaci un momento importante del tuo viaggio:
Sono ancora troppo giovane per considerare il mio viaggio più che appena cominciato. So (e spero) di avere ancora tantissimo da imparare nella vita, così come in ambito letterario-creativo, e sono quindi convinta che il momento importante del mio “viaggio” come scrittrice debba ancora arrivare: nella scrittura delle svariate storie che ho in cantiere sto sperimentanto diversi stili, metodi di narrazione, e intrecci delle trame. Ma nulla di tutto ciò è ancora arrivato al punto da poter dire “bene, guarda un po’ dove sono arrivata!” esclamazione che sicuramente è risuonata nella mia mente quando ho avuto tra le mani sia il primo che il secondo libro: avere la tua creazione tra le mani è un momento che non si dimentica, si ha la sensazione di essere arrivati a qualcosa di importate, di finito, completo e materiale. È qualcosa che da felicità e certezze ed è una sensazione bellissima.

3) Per te cos’è la cultura?
Ho sempre pensato alla cultura come ad una sorta di divinità. Qualcosa che comprende un Tutto così ampio da essere inconcepibile per una singola mente umana. Di certo nessuno può dire di racchiudere in sé la cultura, se non una parte infinitesimale di essa. La cultura è ogni uomo, donna bambino che abbia pensato e condiviso il suo pensiero con qualcun altro, dall’antichità ad oggi.

Nella mia vita di tutti i giorni, invece, la cultura, sotto i suoi aspetti più svariati, è il mio piatto preferito. Perché io sono quel tipo di persona che può passare quindici ore ininterrotte a leggere un libro e due settimane a discuterne con chiunque lo abbia letto o abbia intenzione di farlo; potrei guardare film, telefilm e cartoni animati, tutto il giorno ogni giorno della mia vita, senza stancarmi e con l’unico bisogno di fermarmi ogni tanto a considerare, recensire e catalogare ciò che ho appena visto. E non per ultimo, credo che la cultura, in particolare le Arti, possano generare la forma più bella di dipendenza: quella che ti fa sentire vuoto e ti fa piangere alla fine di un libro che hai amato, quella che ti fa disegnare per ore, nei posti più impensati e quella che ti fa alzare alle 3 di notte per scrivere un pensiero e ti fa continuare per ore ignorando i crampi alle mani… 


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