lunedì 9 agosto 2010

Bambola di Carne

Era come l’immagine di un sogno, un luogo dove i confini sono sfumati per darci l’illusione di un infinito che non costringe come i muri della realtà, ma che libera, dando una sensazione di cullarsi in un dolce abbraccio universale. Così appariva quella stanza: fuori dalla realtà, piena di un caos tanto bello e dolce che mai un rigoroso ordine potrebbe sostituire. Il pavimento di vecchie assi di legno che, come delle guardie puntigliose, non lasciavano che nemmeno un movimento restasse celato, sempre pronte a stridere e piagnucolare per qualsiasi cosa.

Per questo non può entrare nella stanza, e fissa la scena che gli si svolge davanti in tutta la sua dolcezza, rimanendo in disparte. Dal soffitto pendono oggetti di ogni tipo, collane di conchiglie, monili, e dolci pendagli di vetro colorato. Che spettacolo quando la finestra viene aperta e la tenda scostata, i giochi dei bagliori colorati che i pendagli riflettono piovono violentemente su tutto ciò che li circonda, sconvolgendo gli antichi cofanetti e la toletta nell’angolo, oggetti troppo antichi e calmi per permettersi di giocare con una luce tanto sbarazzina.
Altri oggetti sono sparsi qua e là, cesti di paglia e cappelli lasciati a metà, arruffati e scomposti perché la loro creatrice ha dimenticato di finire di intrecciarli. Beh, il divertimento che si prova nell’intrecciare un cappellino non è sufficiente a tentare una fanciulla quanto un libro di avventura, oppure un romanzo d’amore.
I libri non hanno mai avuto un posto fisso in quella caotica stanza, ma, allo stesso tempo ci sono anche alcuni luoghi dove un libro di un certo calibro non può certamente stare: ad esempio è improponibile, per lei, che un classico di letteratura venga posto sulla mensola dietro la porta. Sarebbe inammissibile! Almeno questo è quello che dice lei... il posto per un classico è vicino alla scrivania, appoggiato per terra vicino al letto, oppure sul davanzale della finestra, in bella vista, insomma, mai dimenticato. I libri comuni o anonimi invece, devono occupare un posto anonimo, proprio come la mensola dietro la porta.
Ma sono certamente i libri d’arte ad avere nella stanza il posto più bizzarro: aperti e lasciati su ogni superficie piana. Questo perché l’arte deve avere l’opportunità di esprimersi e quindi non ha senso che un libro d’arte rimanga chiuso, senza poter mostrare al mondo i suoi splendidi disegni e raffigurazioni. “Se lo si mettesse su una mensola sarebbe un libro infelice, ne sono certa!” aveva sempre detto lei.
Traendo un profondo respiro, ci si può inebriare dei mille profumi di cui la stanza è piena, credo sia impossibile vivervi per una persona normale... salvia, timo, rosmarino e lavanda, sono quelle le erbe che si sentono più forti e pungenti e quelle che riesco a distinguere appese qua e là alle travi del soffitto, ad essiccare.
Il letto largo e candido è in profondo contrasto con il resto della stanza. Nessuna testata, un solo cuscino anche se è un letto a due piazze e, in ogni caso, nemmeno questo cuscino viene usato come poggiatesta, più che altro come qualcosa da stringere e stropicciare senza posa, confidente di sogni e felicità quanto di tristezze e lacrime; e lenzuola bianche risaltano di un candore sconvolgente tra tutti gli altri colori.
Ed eccola lì, tra le lenzuola stropicciate: una creatura minuta, liscia e senza imperfezioni che gli da le spalle fissando sognante la finestra. E fuori nella campagna la pioggia cade senza rumore, accolta gentilmente dall’erba festante. Ella è nuda, inginocchiata sul letto, i capelli castani le coprono la schiena così bella, arrivando fin sul letto. Allunga dolcemente la mano verso la finestra e scosta la tendina sottile che le impedisce di guardare fuori. Del suo viso ora vede il profilo definito, fermo e deciso, la mascella fiera, le labbra carnose. Lei rimane immobile, respira piano, ascoltando il picchiettare gentile della pioggia sul giardino, come se fosse la musica più bella del mondo.
È concentrata, sul suo viso di vedono le tracce di una riflessione senza età, senza tempo che la perseguita da sempre.
Le vecchie assi del pavimento gemono ai primi passi che vengono mossi nella stanza. La ragazza sta per girarsi sorpresa, ma una voce la richiama sottovoce: - Resta immobile, shh, immobile... - lei si arresta completamente, non osando muoversi, ed egli si avvicina lentamente arrivandole alle spalle. Le raccoglie i capelli con un gesto abituale e possessivo, arrotolandoglieli e facendo in modo che scavallino la spalla, scoprendo la schiena magra. Uno spiffero dalla finestra fa rabbrividire la fanciulla, ma continua a non muoversi, come le è stato ordinato. Sulla spalla destra viene così scoperto un tatuaggio cuneiforme, un marchio. Lui ne segue il profilo, sfiorandolo delicatamente. La giovane donna sussulta e non si muove: è fedele al suo Signore e segue alla lettera ciò che lui dice. Solo nella contentezza di lui c’è la sua vera gioia.
- Sei rimasta completamente immobile... tutto il tempo. - constata lui, con una punta di amarezza, come se non avesse mai voluto realmente quello che le aveva chiesto.
- Come mi hai chiesto. -  dice lei, non vuole sbagliare. Nel malcontento di lui c’è la sua vera disperazione. E nessun tipo di vita lei possa intraprendere da lì in avanti potrà cambiare quello che prova, anche se va contro gli attuali desideri di lui.
Lo sente allontanarsi mentre torna sulla porta. Egli studia la sua immagine, e lei sente i suoi occhi sulla schiena e il cuore le batte forte.
Nella sua voce c’è orgoglio e ammirazione, per la stanza, la luce, i contrasti e per la sua meravigliosa modella, la sua straordinaria bambolina.
- Perfetta... sei bellissima. -

Si sveglia di soprassalto, il cuore le batte fortissimo. Non ha mai fatto un sogno come quello e, l’istinto magico che ha ereditato da sua madre, le dice che quello non è un sogno come gli altri.
Scivola silenziosamente via dallo sporco ammasso di coperte logore e stracci tra cui è abituata a dormire. La luce della luna la bagna filtrando da uno dei grossi buchi sul tetto della piccola catapecchia che è stata riservata alla servitù. Intorno a lei le altre creature rimangono addormentate. Sono di molte specie diverse: ci sono troll, in maggioranza, ma anche gnomi, goblin e qualche esemplare di folletto. Almeno questi sono gli unici essere che è ancora permesso tenere come schiavi. Di servi illegali invece saranno al massimo sei o sette. Un’arpia e tenuta segregata nei sotterranei del bel palazzo, un’Echidna, donna serpente dalla vita in giù, due centauri e addirittura una ninfa. E poi lei, un’altra creatura certamente fuori legge figlia di un’Alseide, una ninfa dei boschi e di un qualche umano impuro che la catturò e la violentò. Un’ibrida, figlia di due creature che per nessun motivo si dovrebbero ancora schiavizzare, ma che invece continuano ad essere sfruttate dai Nobili.
Gli umani erano ormai considerati esseri liberi da cinquecento anni e formavano da centinaia di anni quello che veniva chiamato appunto Popolo Libero. Spesso quella razza, così intelligente, ma senza un briciolo di magia nelle vene, si batteva per affermare i propri diritti e ogni anno riuscivano ad aumentarli.
Ancora soggette alla schiavitù erano tutte quelle creature che venivano reputate migliori degli animali, perché dotate di magia o di sembianze parzialmente antropomorfe, ma non sufficientemente intelligenti da potersi guadagnare un posto rispettabile nel mondo. E a capo di questa scuola di pensiero che dominava la società vi era una razza di cui fanno parte anche gli spietati Padroni dell’ibrida che fissa la luna con nostalgia, mentre il frusciò del bosco la richiama. I Padroni, questo è il loro nome tra il Popoli Magico in schiavitù, gli umani invece li chiamano Nobili. Ma questa nobiltà così estesa e potente chiama se stessa in un modo molto diverso: Maghi.
L’echidna, che dorme avvolta nelle proprie spire vicino a lei, alza il capo di donna, gli unti capelli neri le coprono viso allungato, così che l’ibrida non può capire se la creatura la sta fissando oppure no. Poi domanda: - È successo qualcosa? - il suo dialetto di forsg è molto diverso da quello che sa parlare l’ibrida, diversità che sono inevitabili da specie a specie, ma che tutto sommato lei riesce a capire piuttosto bene, anche se non sarebbe in grado di pronunciarlo allo stesso modo.
- Ho sognato in modo diverso dal solito, non mi era mai capitato prima. - risponde parlando lentamente e sottovoce, per non svegliare tutti gli altri. Sul viso della donna-serpente appare un sorriso divertito : - Una predizione? Eppure pensavo che una mezza umana come te non potesse avere certi poteri!
- Eppure so che è così! - risponde l’ibrida, senza badare al commento cattivo appena ricevuto, c’è abituata.
- Forse mi sta succedendo qualcosa... - la echidna si avvicina e la prende per le spalle. Un fremito di paura scuote la giovane ibrida mentre l’altra creatura si china verso di lei: - Tu... sembri quasi umana, è per questo che il Padrone ti ha voluto, non è così? - l’ibrida sussulta e si chiede come faccia ha saperlo, ma poi risponde senza vergogna: - Solo due volte.
- Sono state abbastanza, a quanto sento dentro di te... due mesi? Forse anche di più. Quando lo verrà a sapere, sicuramente troverà un modo per farti sparire dalla circolazione.
- Lo so. Se si venisse a sapere che il Padrone tiene schiave creature come noi, la sua reputazione sarebbe rovinata.
- Sei rassegnata alla sua fine o forse addirittura lieta di portare in grembo il figlio del Padrone?! - chiede la creatura, stupita dalla freddezza con cui la giovane mezza-ninfa parla del suo avvenire. Spera forse che il suo bambino venga risparmiato? Oppure è innamorata del Nobile che la maltratta da quando la comprò tre anni prima? Che destino miserabile il suo!
- Forse è perché sono incinta che ho avuto una visione? - chiede all’echidna e, all’annuire di quella, lei sorride.
- Cosa c’è da ridere? Almeno è stato un sogno tranquillo?
- Se sarà quello che ho visto, il futuro di mia figlia, allora c’è la possibilità che la sua vita sia diversa dalla nostra, più felice forse...
- Vuoi farla nascere?
- A nessuno dovrebbe essere negata la possibilità di vivere la propria vita.

2 commenti:

  1. Questo è l'inizio di un'altra storia che mi era venuta in mente due anni fa, e che in realtà non ho mai finito di elaborare, ma dato che avevo cominciato a metterla per iscritto, ho deciso di postarla!

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  2. L'incipit non è male per niente.
    Interessante il cambio di stile tra il sogno e la realtà.
    Devo dire che mi è dispiaciuto che fosse solo un sogno...
    Vediamo come prosegue

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