sabato 11 settembre 2010

vampire's blood capitolo 2

"Brama e orgoglio di due creature oscure"

Non ricordava bene perché quel giorno di otto anni e mezzo prima avesse deciso di andare a giocare nel bosco, non se lo ricordava proprio né si spiegava l’origine di una così stupida idea che aveva finito per cambiargli la vita. Aveva spesso chiesto alla sorella se lei ricordava il motivo, ma neanche lei ricordava bene i fatti di quel giorno se non come poi era finito ed iniziato tutto per lei, una povera bambina di nove anni che era andata a cercare un amico che per qualche motivo era andato nel bosco. Era sera, una fredda, ghiacciata serata invernale, gli alberi erano spogli e le loro forme spettrali diventavano ancora più pallide alla luce di quel piccolo quarto di luna che illuminava il cielo.
Una figura in ombra scivolò tra quegli alberi spettrali. Sarebbe voluto scappare subito, il piccolo Vlad, ma era immobilizzato. Come se le gambe gli fossero rimaste incastrate nella neve.
- No, non scappare, piccolo, non voglio farti del male. - disse la voce di un uomo dolcemente. Solo quella bella voce rassicurò il bambino che rimase fermo mentre l’uomo si avvicinava, alla luce della luna non vide più di una semplice ombra più nera della notte.
- Come ti chiami, bambino? - chiese sempre dolcemente, ma sembrava che quella domanda fosse molto importante per lui.
- Vlad. - rispose come sotto ipnosi.
Sul viso semi visibile dell’uomo si aprì un bel sorriso che fece scintillare i suoi canini affilati: - Pensa, abbiamo lo stesso nome, non è una magnifica coincidenza? Dimmi Vlad, vorresti diventare Conte ed ereditare una fortuna?
Lui fece sì con il capo, non sapendo cosa implicava.
Quello batté le mani felice: - Bene! Allora diventerai il mio erede assoluto! Sono molto vecchio e stanco di vivere da solo... ormai sono l’ultimo della mia specie e dovevo cercare qualcuno a cui lasciare questo grande dono.
L’uomo si avvicinò, il bambino sorrise ignaro, poi però un terribile ruggito squarciò l’aria.
- Questo bosco è mio, vampiro! - urlò la voce potente di una donna, ancora bella e dall’aria selvaggia nonostante l’età. - Tutto ciò che vi si trova dentro è in mio possesso, come questo ragazzino. - continuò bellicosa.
- Darò il mio dono al bambino e poi sparirò, lo giuro, grande lupa. – rispose sereno il Conte.
- Sei fortunato che non vi sia luna piena, vecchio pipistrello, o ti avrei già sbranato. Comunque non ti lascerò fare ciò che vuoi, perché era tanto che nessun umano si azzardava ad entrare nella foresta e quindi lo voglio io questo delizioso ragazzo.
La donna si avvicinò a passo svelto e prese il bambino ancora intontito per un braccio.
- Lui preferisce me, vero, piccolo? - chiese l’uomo tirandolo dall’altra parte.
Le due creature si scrutarono in cagnesco, poi un profumo altrettanto desiderabile arrivò da poco distante, insieme a una voce sottile che chiamava:- Vlad! Dove sei? Tua madre ti cerca!
Un sorriso su entrambi i loschi volti.
Fu il Conte a parlare per primo:- Ti propongo un accordo, lupa. Se il tuo potere sovrasterà il mio in questo ragazzo, anche la bambina sarà tua.
- Interessante. – fece la donna. – Adoro giocare con il cibo!
Si prepararono, scrutandosi: chi dei due avrebbe affondato prima i denti nella carne del bambino? E chi avrebbe avuto la fortuna di aggiudicarsi la bambina? Era più che altro una gara per l’orgoglio, ormai, la lupa mannara, poteva averne quanti voleva di bambini; e il vampiro... quanto ci avrebbe messo a trovare un altro bambino con quel comunissimo nome? Poteva anche concedersi di sprecare quello...
Fu un secondo, all’improvviso entrambi scattarono in avanti: nel momento in cui il vampiro avvicinava la bocca al collo morbido, la donna si trasformava in un grosso lupo famelico e...
Chiusero le mascelle nello stesso istante, lui sul collo, lei sul braccio.
Si allontanarono dalla preda, calò il silenzio, rotto solo dal corpo del bambino che cadeva nella neve, sulle eco lontane del “premio” che continuava a chiamarlo.
Continuavano a fissarlo: sembrava morto. Il Conte Vlad si chiese se nello scatto non gli avesse spezzato il collo, perché quella che i vampiri erano non-morti era una favola, morivano lo stesso se gli si spezzava l’osso del collo.
Poi, mentre sulla neve si allargavano le pozze calde del suo sangue, le ferite si richiusero.
Il vampiro sussultò, mentre la sua avversaria sorrise: - Ho vinto! - perché la rigenerazione era sua, dei lupi, non dei pipistrelli.
Poi fu il suo turno di stupirsi: mentre si avviava per ritirare il suo premio, il bambino si alzò, annusò l’aria, si leccò le labbra. Non era possibile che un novello lupo mannaro si alzasse tanto in fretta acquisendo, poi, modi tanto eleganti e raffinati. Per lo meno avrebbe dovuto guaire e guardarsi in giro spaventato!
- No, ho vinto io. - sorrise il Conte
Stava già correndo verso la bambina che il lupo mannaro gli venne addosso, piena di rancore, vi fu un attimo di esitazione in entrambi, mentre si accingevano a combattere tra di loro. Rimasero sgomentati quando i bambino li superò correndo a quattro zampe tra gli alberi, guidato solo dall’istinto di attaccarla, di morderla fino a dilaniarla.
La bambina nel frattempo era rimasta spaventata dagli inquietanti rumori che si sentivano nel bosco e la sua voce si faceva sempre più sottile mentre chiamava l’amico.
Sentiva i rumori avvicinarsi, come se delle belve corressero nella sua direzione, incominciò ad indietreggiare, si mise a correre, ma cosa potevano le sue gambette nella neve alta contro quei mostri che le venivano dietro?
Fu questione di secondi, ma a lei sembrarono anni, mentre vedeva qualcosa spuntare dagli alberi e atterrarla. Non riconobbe nemmeno la persona che cercava in quel ragazzino, che ormai di umano aveva solo la forma, e che la attaccava, mordendola come un cane pazzo, come qualcosa di tanto affamato, da essere uscito di senno.
Succedeva ai lupi a volte, scendevano nei pascoli perché vedevano le pecore, ma poi una volta in mezzo al gregge, si lasciavano prendere dalla smania di uccidere e ne sgozzavano una decina prima di tornare in sé e mangiarne al massimo una.
Il vampiro e la lupa rimasero in disparte: ormai non aveva senso combattere per un premio che si erano fatti soffiare sotto il naso da un novellino, ma volevano capire che razza di creatura avevano creato per sbaglio. Entrambi guardavano la macabra scena chiedendosi quanto ci fosse di proprio: ad un tratto mordeva per il
semplice gusto di mordere, di cacciare, il secondo dopo, succhiava, tenendo ferma la vittima di cui desiderava solo il gusto meraviglioso del suo sangue.
Poi accadde ciò che entrambi si aspettavano a momenti: il brio della trasformazione finì di colpo e il bambino si accasciò di botto accanto alla sua vittima.
Il vento soffiò tra gli alberi spogli, fischiando, attendendo ciò che avrebbero fatto le due creature che continuavano a fissare meditabondi la scena.
- E ora? - chiese la donna incrociando le braccia. - Che vuoi farci di quei due? Li uccidiamo?... io un po’ di fame ce l’avrei...
- Non lo so... - sospirò quello, davvero non pensava che tutto quello avrebbe comportato un tale stress... e poi la bambina era morta? E se no, in cosa si era trasformata? - Magari potrei designare quella come ereditiera... - ragionò ad alta voce, poi si rivolse alla donna: - Lo vuoi il ragazzo? Te lo lascio.
Quella alzò le mani come a pararsi la coscienza, se ne aveva una: - NO, è stata un’idea tua, ora te la risolvi da solo, io non voglio entrarci.
- Io non lo voglio è una belva! Uccidilo!
- Magari alla fine moriranno tutti e due, lei è ridotta male e non si rigenera a quanto vedo e lui... che ne so, ma non lo voglio, o te li porti via entrambi o li lasci entrambi ai vermi.
Il vampiro sembrò indeciso sul da farsi, poi però sospirò e alzò le spalle, stanco: non avrebbe mai fatto ciò che voleva lei, avrebbe rinunciato ad entrambi, il mondo non aveva mica carenza di umani, ne avrebbe trovati altri.
Ma poi un pensiero lo spaventò: e se uno dei due fosse sopravvissuto? Si sarebbe voluto vendicare e non sapeva come avrebbe potuto resistere ad un attacco di un giovane vampiro, o peggio di un lupo mannaro...
- Ci penserò fino a domani. - disse infine. - Se domani al tramonto non mostreranno ancora nessun segno di vita allora che siano lasciati ai vermi.
- In caso contrario, li prenderai entrambi, d’accordo?
L’uomo assentì con la testa e con un elegante inchino alla donna svanì nella notte.
Quella si ritrasformò nella neve e si avvicinò ai due corpicini. Annusò il bambino: sapeva di lupo, ma anche di altro, il morso del vampiro non gli era stato certo indifferente, era caldo comunque e respirava. Qualsiasi trasformazione stesse affrontando, stava reagendo bene. Sorrise nel suo cuore nero, la lupa “divertiti pipistrello e vieni a ripulire il mio bosco!” ululò Contenta della vittoria. Si volse verso la bambina. Vide che aveva gli occhi aperti, occhi da vampiro, ma non riusciva a muoversi per le ferite, forse non sarebbe sopravvissuta. Beh, anche i vermi avrebbero avuto un Contentino. Sempre che non si fosse tramutata in cenere.

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