domenica 13 febbraio 2011

vampire's blood capitolo 3

Capitolo 3°


“Colore rosso, ossessione della colpa”



Era quasi l’alba quando Vlad si svegliò attirato da uno strano profumo che si sentiva addossò, intorno. Era dolce, buonissimo e faceva venire acquolina in bocca. Inoltre si sentiva strano, male, ma non male come se avesse l’influenza, male come chi ha faticato tutta la notte a scalare una montagna e cadendo anche diverse volte.

Aprì gli occhi trovandosi sotto una volta di alberi spogli, bianchi per la neve che vi era intorno e che restava in equilibrio sui rami. Annusò l’aria, si guardò i vestiti e sgranò gli occhi nel vederli pieni di sangue: non capiva, era suo? Non gli sembrava di essere ferito...

Qualcosa si mosse lievemente al suo fianco. Girò la testa di scatto. E per poco non urlò nel vedere la raccapricciante scena che aveva di fronte.

La riconobbe a malapena, figurata com’era, coperta di sangue secco, gelato durante la notte.

-Alexa...- piagnucolò guardandola sconvolto. Lei girò a malapena gli occhi nella sua direzione, sembravano non riconoscerlo, anzi, accusarlo, chiedersi cosa fosse in realtà. Fu in quel momento guardandola che improvvisamente ricordò tutto. Si ricordò dell’uomo che l’aveva incantato, poi era arrivata la donna lupo e insieme l’avevano morso e tutto era cambiato, era impazzito, di dolore, di fame e voglia di uccidere.

Ne aveva sentite alcune di storie di vampiri, di lupi mannari, ma tutti gli avevano sempre detto che erano delle favole per spaventare i bambini che andavano nel bosco... ma perché mai c’era andato in quel posto poi!

Guardò ancora l’amica che faticava a respirare nella semicoscienza in cui era: la conosceva da tanto tempo, perché erano vicini di casa e sua madre e quella della bambina erano amiche del cuore. Loro giocavano insieme qualche volta, dietro casa, ma a scuola non si scambiavano una parola, perché in fondo, erano in quell’età in cui maschi e femmine non possono andare d’accordo o verrebbero presi in giro da tutti. Si poteva dire che tutto sommato erano amici, fratelli quasi.

E lui non poteva credere di averla ridotta così, non ne era capace, non poteva essere stato lui, non ci sarebbe mai riuscito, era solo un bambino!

Ma era davvero ancora solo un bambino?

E ora? Cosa doveva fare? Era ancora viva, ma con tutte quelle ferite...

Proprio in quel momento si accorse che il buon profuma veniva da lei. E lei provava esattamente la stessa cosa, soprattutto per il sangue che era addosso a loro, il sangue di quando erano umani.

Lui le si avvicinò, attratto, ma non in modo pericoloso, per cui lei non ebbe paura, sentiva già troppo dolore, e non riusciva a muoversi per quanto era debole.

Vlad non sapeva davvero cosa fare, non conosceva più neanche se stesso, per cui decise di affidarsi ai suoi nuovi istinti, che in quel momento non gli sembravano cattivi.

Avvicinò il viso alla pancia dell’amica, annusandola: una volta aveva un bel maglione pesante e un cappotto, ma uno era andato perso nella corsa e l’altro era stato praticamente distrutto a forza di morsi che volevano affondare nella carne e non certo nella stoffa. Guardò preoccupato quella brutta ferita e, quasi senza accorgersene, la leccò. Poi ritrasse in fretta, rossissimo, chiedendo scusa e dicendo che non sapeva che cosa gli era preso.

Alexa continuava a guardarlo, il silenzio, come se fosse un totale sconosciuto di cui non sapeva se fidarsi o meno e lui chiese di nuovo scusa, perché si sentiva in colpa come mai prima e avrebbe voluto trovare un modo per tornare in dietro nel tempo, abbassò lo sguardo colpevole e rimase di stucco: la profonda ferita di prima era quasi rimarginata. Alexa era sdraiata e non poteva vederlo, ma sentì lui darle un’altra leccata, come un cane e sorriderle per qualcosa.

Sinceramente le faceva un po’ schifo che lui la leccasse, lei che non si faceva leccare neanche dal labrador di famiglia, uno dei cani più incredibilmente bavosi della terra. Eppure dopo un po’ sentì il dolore svanire in alcuni punti. Dopo mezz’ora non aveva più ferite sulle gambe, né sulle braccia: non erano mai stati tagli profondi, violenti certo ma non molto profondi e ovviamente neanche tanto grandi, c’era un limite alle ferita che una bocca umana poteva infliggere... ma cos’era diventato, il suo amico? E cos’era diventata lei? Aveva perso tantissimo sangue, ma non era morta, aveva passato tutta la notte a sanguinare nella neve gelida senza congelare, o meglio, si era sentita congelare, ma non era morta. E questo cosa significava, esistevano davvero i vampiri? Eppure il suo cuore batteva ancora, flebilissimo, ma batteva ancora pompando il poco sangue che le era rimasto.

Mentre il ragazzino si avvicinava per curarle le ferite in faccia, sentì che qualcosa di caldo e doloroso cominciava a bruciarle la pelle del braccio. Voltò piano la testa dolorante e vide che la debole luce dell’alba invernale le colpiva il braccio pallido, bruciandola, facendole sempre più male.

Si girò verso Vlad e provando a parlare varie volte prima di riuscirci, lo chiamò. Lui alzò gli occhi di scatto, davvero felice di sentire di nuovo la sua voce.

- Il sole... – cominciò a fatica, - mi fa male il sole.

Lui se ne accorse e cominciò a spostarla, perché lei riusciva a mala pena a muovere le gambe, che non l’avrebbero mai sorretta, alla fine tra i vari alberi spogli trovò un abete che potesse farle ombra. Si stupì di come invece, su di lui il sole non avesse nessun effetto, ma tanto non sapeva proprio cosa credere ormai...

La bambina tirò un sospiro di sollievo all’ombra del grosso albero che faceva da capanna, i rami carichi di neve non lasciavano passare neanche un filo di luce.

Mentre l’amico finiva di curarle la faccia, lei osservava immobile il suo collo, osservava come ipnotizzata la vena bluastra che serpeggiava poco sotto la pelle, sarebbe stato tanto facile raggiungerla, avrebbe voluto farlo, ma non riusciva ancora a muoversi bene. Forse era davvero diventata un vampiro... quel pensiero le faceva orrore, perché voleva dire che era stato lui a trasformarla... ma allora perché lui poteva rigenerarsi e lei no? Vedeva chiaramente i punti da cui aveva sanguinato, perché il sangue umano si era seccati lì lasciandolo macchiato, ma non c’erano ferite.

Per lei era ancora faticoso parlare, ma decise che doveva chiedergli alcune cose.

-Vlad... sei un vampiro?- chiese con un filo do voce appena udibile.

Il bambino arrossì di botto, come se se ne vergognasse, ma poi rispose:- Penso di sì, ma non l’ho fatto apposta, davvero, io... mi hanno morso, non ho potuto fare niente... mi dispiace.

-Ora sto meglio... quindi ora sono un vampiro pure io?

-Forse sì, come ti senti... senti anche tu il profumo del...

Lei fece sì con la testa, si sarebbe nascosta il viso tra le mani, ma non ce la faceva ad alzarle, lo guardò ancora come per chiedergli che cosa avrebbero fatto ora che non potevano più tornare a casa, ora che stava così male e che aveva tanta fame, tanta che sentiva il suo corpo urlare di mordere qualsiasi cosa avesse davanti, anche lui, che era un vampiro, come lei, andava bene tutto.

Mentre lo guardava e pensava queste cose, lo vide improvvisamente bloccarsi, imbambolato a guardarla e avvicinarsi.

-Che stai facendo?- gli chiese, e lui non rispose, avvicinandosi ancora, ora sentiva benissimo il profumo del suo collo, che era molto vicino alla sua bocca. Spinta dal desiderio si protese in avanti, a toccargli il collo con le labbra. Per un secondo esitò, con il cuore che batteva freneticamente, perché una piccola parte della sua mente le diceva che stava per fare una cosa orribile. Poi però un’altra parte di lei le ricordò di quello che aveva fatto lui la sera prima, le aveva fatto molto male... anche se l’avesse fatto per vendetta non sarebbe stato sbagliato. Trovò quella bella scusa, per giustificare il desiderio che aveva del suo sangue e lo morse senza più esitazioni.

Lo sentì fremere e irrigidirsi per un attimo davanti al lei, quando i suoi canini gli perforarono la pelle, era uscito da quella specie d’illusione troppo presto, sentiva che respirava con affanno mentre lei succhiava avida, anche se avesse provato a tirarsi indietro, non ci sarebbe riuscita ora. Perché finalmente mangiava, era come se bevesse davvero per la prima volta nella sua vita e non volesse più fermarsi. Lo sentì gemere a un certo punto e tuttavia rimanere fermo, anzi, mosse le braccia e le circondò la schiena. Quella mossa la disorientò completamente: perché mai la stava abbracciando, mentre lei gli faceva del male? In quell’attimo di lucidità le vennero le lacrime agli occhi. Riuscì a staccarsi a quel punto, in realtà pochi secondi dopo e fu attenta a ripulirgli tutto il collo che si era tinto di rosso, d'altronde era la sua prima volta, aveva fatto un mezzo macello. La ferita che gli aveva inferto si rimarginò subito.

Si sentiva un pochino meglio adesso, ma non osava alzare gli occhi, sapeva che era ancora lì, inginocchiato davanti a lei e per quello non osava alzare lo sguardo. Fu Vlad invece che parlò.

- Non preoccuparti... non è successo niente di brutto questa volta, ti senti un po’ meglio ora? - Alzò lo sguardo verso di lui, le stava sorridendo.

- Non ti ho fatto male?

Il bambino sembrò doverci ragionare: in realtà non sapeva cosa dire, all’inizio aveva fatto male, sì, e si era anche spaventato un bel po’, perché si era ricordato di quando l’aveva morso quell’altro, che era stato veloce e violento, anche più doloroso, ma con lei era stato tutto un’altra cosa. Quasi dolce.

Sentì un brivido su per la schiena e arrossì: forse gli era addirittura piaciuto. La guardò con la coda dell’occhio, l’amica era lì davanti a lui che aspettava una risposta, ma gli sembrava così strano che il morso di un vampiro gli fosse piaciuto, forse perché adesso era un vampiro anche lui? O forse perché, al contrario, non era del tutto un vampiro, ma anche un po’ lupo mannaro?

- Un po’ mi ha fatto male, ma non è stato tanto brutto...

- Come! - fece Alexa che cominciava a sentirsi meglio: lei si ricordava quando lui l’aveva morsa e, no, non era stato per niente piacevole, aveva sofferto tantissimo per tutto il tempo, certo, lui era stato violento, una belva, ma un morso non poteva essere che bruttissimo, anche se non faceva un male insopportabile...

Lo vide diventare ancora più rosso: sapeva che lui arrossiva per due motivi, perché era imbarazzato o perché stava mentendo.

- Guarda che tanto mi sento comunque in colpa, non serve che menti... non preoccuparti, ti ho perdonato, ora ho capito che non era stata colpa tua, non potevi fermarti...

- N-no! Non sto dicendo una bugia, ti dico che è stato quasi...

- Quasi? - incalzò, mentre lui si girava dall’altra parte per l’imbarazzo.

No, non ce la faceva, si vergognava troppo, non ce la faceva a dirlo e poi non gli sembrava neanche una cosa normale. In quel momento voleva fuggire e così fece, scivolò via da sotto la fronda dell’albero e cominciò a camminare sotto il sole che su di lui non aveva nessun effetto.

2 commenti:

  1. Che carino anche questo! anche se per me prigione di luci rimane comunque il migliore

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  2. grazie! Questa storia fa parte del piccolo periodo di "mania vampiri" che, qualche tempo fa assalì anche me... Non so se ne verrà fuori qualcosa di veramente carino, ma è ottima per sfogarsi, perchè nessuno si può lamentare della quantità di sangue, torture e ferite che infliggo ai personaggi, ahah!
    Inoltre sto tentando di procedere in modo che ogni titolo di capitolo inizi con una lettera dell'alfabeto procedendo con ordine... può non sembrare, ma è complicato! (che nessuno mi chiedea perchè lo sto facendo, non c'è un motivo!)

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