sabato 24 aprile 2010

Il bambino maledetto 2

- Signorina! Signorina, la prego, non scappi, così si rovinerà il vestito!
- L’acconciatura, signorina, non potete presentarvi con i capelli in quello stato, tornate qui, vi supplico!
La bambina, fasciata nel suo vestitino di seta ricamato, correva per tutto il chiostro, nascondendosi sotto i cespugli che le arruffavano i cappelli neri.
Era il suo terzo compleanno, il giorno che avrebbe segnato il suo futuro da sacerdotessa.
Correva da tutte le parti e si divertiva come una matta a vedere le serve che la inseguivano per tutto il quadriportico su cui davano le stanze private del grande palazzo. La supplicavano di fermarsi e di “prendere la cosa su serio”.
Sua madre e le sue sorelle maggiori le avevano spiegato l’importanza di quel giorno, le avevano detto che sarebbe andata in un posto speciale a imparare tante cose belle e che sarebbe potuta diventare la più grande sacerdotessa di tutti i tempi, se si impegnava e faceva la brava... ma lei era ancora troppo piccola per capire quanto fosse importante per la sua famiglia che lei diventasse la migliore in assoluto. Decise di uscire dal suo nascondiglio, in fondo sua madre le aveva detto di comportarsi bene... appena vide la faccia sollevata delle servitrici però, non resistette: fece una linguaccia e corse di nuovo via.
Poi si bloccò di colpo, sulla gradinata di accesso al portico interno si ergeva la figura imponente e terribile di suo padre.
- Rumila Araya Neii. – esordì l’uomo in tono di pacato e tuttavia spaventoso rimprovero, chiamandola con tutto il suo lungo nome. – Smettila subito di correre e ascolta chi ti deve preparare.
- S-sì, padre. – mormorò piano la bambina, il padre infatti l’aveva sempre messa in soggezione e a volte ne aveva davvero paura.
Le serve si inchinarono scusandosi con il loro padrone, ma l’uomo se ne andò senza degnarle di una sguardo.
Più di due ore dopo, l’intera famiglia con il suo seguito di aiutanti e servitori, si dirigeva verso la montagna, al tempio principale, in una sontuosa carrozza trainata da quattro cavalli neri.
Davanti all’entrata del tempio le sacerdotesse delle dee attendevano il loro arrivo in silenzio, rimanendo immobili ai lati della scalinata, come tante statue che delineavano un corridoio di entrata.
Al centro, in alto, sotto l'architrave scolpito, torreggiava la Sacerdotessa Maggiore, vestita di un elaborato abito rosso con rifiniture d’oro che le svolazzava intorno lasciando intuire la sua magrezza.
Sul capo aveva una corona di catenelle d’oro, che aveva intrecciato nei lunghi capelli scuri.
Salutò cordialmente i nobili e il loro seguito che rimase alla base della gradinata.
Malgrado la sua preparazione, la bambina fu molto spaventata quando, così ben fasciata nel suo abito di seta, le sacerdotesse cominciarono a dipingerle addosso i simboli divini, intingendo le dita in recipienti di ceramica pieni di colori densi e cremosi. Quando ebbero finito di ricoprirla di simboli, la fecero sedere su uno sgabello al centro del portico, sorretto da sottili e altissime colonne di marmo, che precedeva l’entrata vera e propria a cui potevano accedere solo le iniziate.
La Sacerdotessa Maggiore mosse un passo nella sua direzione e le catenelle della sua acconciatura tintinnarono riecheggiando nel silenzio improvviso.
- Terza figlia Rumila Araya Neii, nella nobile famiglia Dorimìa-Haregh. – esordì la donna al suo cenno tutte le altre sacerdotesse cominciarono a sussurrare preghiere e incantesimi. – Nascendo le dee ti hanno toccata ed è ora che tu ricambi la loro grazia perseguendo il cammino che elle hanno prescritto per te. Accetti di percorrerlo?
- Sì. – rispose ferma la piccola, mentre i suoi occhi si volgevano velocemente a cercare l’approvazione della madre, che assisteva al rito da lontano.
La somma sacerdotessa si fece porgere un piccolo scrigno ovale fatto di ambra e madreperla finemente incisa e lo posò sulle gambe della bambina. Rumila Araya Neii lo aprì e ne tirò fuori un piccolo libro fitto di scritte che lei ancora non sapeva leggere.
Intorno alla bimba si levarono esclamazioni di sorpresa: l’apparizione del Libro significava che le dee avevano intenzione di cominciare a istruirla partendo dalle preghiere e dagli incantesimi.
Ogni volta che veniva iniziata una sacerdotessa, le veniva per prima cosa consegnato il cofanetto del destino ed era lì che esse trovavano gli Strumenti Sacri che guidavano la loro vita e il loro apprendistato. Molto spesso il primo Strumento Sacro, che le bambine trovavano alla prima apertura, era il Pennello che significava disegno e scrittura, a volte veniva trovato l’Ago, ovvero l’oggetto che stava a significare che l’istruzione doveva partire dal ricamo e dalla guarigione e altre volte ancora veniva trovata la Farfalla, che sarebbe rimasta al fianco dell’iniziata fino a che la bambina non avesse imparato a danzare con leggerezza ed eleganza.
Non si sapeva quanti potessero essere in tutto questi strumenti, ma la più grande sacerdotessa della storia era riuscita ad ottenerne ben nove.
Gli Strumenti guidavano le sacerdotesse per tutta la vita, facendo capire loro come indirizzare le loro energie nel modo più gradito alle Dee Sorelle.
Alcune ragazze dovevano concludere lo studio di una “materia” prima di ricevere un altro Strumento, prima che una nuova parte della strada venisse loro illuminata, altre invece, nel mezzo di un tipo di istruzione ricevevano un nuovo dono e in questo caso le iniziata dovevano continuare lo studio di entrambe le discipline.
Tuttavia, nessuna, di tutte le sacerdotesse presenti in quel momento, aveva ricevuto il Libro come primo Strumento, perché era un’istruzione molto complessa per una bambina così piccola. La Sacerdotessa Maggiore però rivolse un sorriso rassicurante alla bimba e le disse dolcemente: - Ora stringi il Libro al petto e ringrazia le Dee dal più profondo del cuore.
Rumila fece ciò che le veniva detto e si sentì subito felice e grata di quel piccolo libricino. Guardò il padre: l’uomo le sorrideva e questo la rese ancora più felice: sì, già le piaceva essere una sacerdotessa.



- Ghinàr! – urlò sua madre dalla finestra del secondo piano e il bambino corse immediatamente da lei, ignorando lo sguardo sospettoso della gente ormai lontana.
I suoi genitori avevano scelto di abitare un una casupola che si discostava leggermente dalla periferia del villaggio nordico in cui si erano trasferiti. In quella regione c’erano moltissimi templi, così tanti che nessuno credeva che il potere del dio Shimarek sarebbe mai arrivato in quello terra, protetta dalle Dee Sorelle. Eppure, nonostante queste convinzioni, gli abitanti continuavano a guardare con sospetto e timore quello strano bambino. Perfino chi ancora non conosceva la sua storia lo teneva a distanza, ma per un motivo diverso. Per quanto infatti la madre glieli tagliasse cortissimi, i suoi capelli rimanevano bianchi e alquanto vistosi: i suoi capelli non avevano mai avuto un colore, erano bianchi quanto la pelliccia delle volpi in inverno. Anche i suoi occhi erano diversi da quelli di qualsiasi altra persona: l'iride era screziata e il colore rimandava a quello dell'ambra. Anche il carattere di Ghinar non era dei migliori: era sempre stato taciturno e timido e a volte un po’ scontroso.
Nel padre la gioia di aver avuto un erede era sfumata in fretta e ora lo degnava a malapena di qualche parola, come se si vergognasse di lui.
Qualche giorno dopo essersi stabiliti in qual luogo, la famiglia aveva avuto qualche problema con gli altri abitanti del luogo ma, dopo tre anni di pacifica convivenza, la gente si limitava a evitarli o semplicemente a ignorarli.
La madre fece entrare il bambino nella stanza del focolare dove stava preparando la cena.
- È quasi pronto. – gli disse e il bambino andò a sbirciare sul tavolo dove lei lavorava, sorridendole: l’unica persona con cui non era mai stato scontroso era la madre.
La porta si aprì subito dopo lasciando entrare il padre che mormorò un saluto svogliato e andò a sedersi al tavolo.
- Come è andata la giornata? – chiese la donna mentre gli serviva la cena.
- Decente. – rispose lui, poi alzò lo sguardo stanco verso la giovane moglie, notando qualcosa che, se non aveva mai notato prima, era staro per la sua completa mancanza di osservazione.
- Cos’hai fatto ai capelli? – le chiese.
Lei si prese in mano una ciocca nera che le sfuggiva dall’acconciatura. – Nulla. – rispose stupita.
L’uomo la avvicinò per vedere meglio, corrugando la fronte: - Hai un capello bianco.
- Oh! – fece lei stupita e un po’ triste, ma poi alzò le spalle accettando l’inevitabile scorrere del tempo. – Beh... capita anche alle donne giovani. – sorrise come sempre e servì da mangiare al figlioletto, per poi passare al suo piatto.
Involontariamente lo sguardo dell’uomo scivolò sul figlio che mangiava sedendosi in ginocchio sullo sgabello per arrivare al tavolo e che tentava di divorare un pezzo di pane più grande della sua bocca. Per un attimo lo fulminò un pensiero terribile, poi però scosse la testa “che cosa stupida” pensò “ sarà come dice lei”.



Ecco qui, questo è il secondo capitolo. Questa è una storia che ho cominciato a scrivere senza impegno dopo aver finito di scrivere la prima parte di "prigione di luci". per questo non è solo tutta da ricopiare, ma anche da finire e da "rifinire" perchè alcune parti sono davvero mal scritte. Tuttavia credo che la storia meriti sia la rifinitura che la ricopiatura. Più avanti i capitoli so differenziano e la narrazione è affidata un capitolo al narratore in terza persona, come adesso; uno al protagonista, il bambino maledetto, e quindo in prima persona; e uno alla cooprotagonista femminile, Rumila Araja Neii, sempre in rima persona. è molto difficile portare avanti la narrazione mantenendo sempre questo schema, ma quando ho iniziato a scrivere la storia mi sono prefissa questo obbiettivo, per cui in un modo o nell'altro devo riuscire a farcela in questo modo.

3 commenti:

  1. Ma quanta Fantasia che hai!! ma come fai? e sopratutto quando trovi il tempo per scrivere così tante cose?
    ciao nicoletta

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  2. Complimenti: godibilissimo e dalla scrittura scorrevole. Attenzione ai refusi e a qualche virgola da aggiungere!!
    Avere una fantasia così spiccata è davvero una ricchezza..Rossella

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  3. secondo me Sarah sarà una scrittrice e se non lo fa sarà un vero peccato. Lo dico perché ha una mente che vola veloce, elabora, crea, fa e disfa con una facilità che è propria degli scrittori di mestiere. Le trame sono eccellenti, considerando la sua età. Lei mette nelle sue storie ogni elemento con cui nella vita è venuta in contatto e che l‘ha colpita, è in grado di trasformare ogni cosa che colpisce la sua immaginazione in materia narrativa, rielabora, fonde, adatta e aggiunge con la fantasia. Non entro nel merito dei riferimenti filosofici e/letterari che sono tantissimi e su cui siete già stati ampiamente eruditi. La scrittura è fluida, matura, senza incertezze, piena di quella convinzione e limpidezza che appartiene alle ragazze della sua età. Cambierà tanto con il tempo. Il suo modo di scrivere e i suoi contenuti. Ne sono convinta. E sarei curiosissima di vedere la sua evoluzione. Perché ora Sarah spiega, entra dei dettagli di cose, di elementi che ritiene debbano essere illustrati come una didascalia al lettore, con il tempo si accorgerà, da sola, che lei è perfettamente in grado di evocare contesti e situazioni con poche pennellate e questo le darà un piacere diverso nella scrittura. Me la vedo dialogare con il suo lettore in uno stimolo continuo tra il detto e il non detto, nello sfidarlo a scoprire il mondo che lei ha pensato per i suoi protagonisti dandogli pochi indizi per volta. Perché le storie che lei crea sono potenti. Ricche. Intense. E hanno possibilità di sviluppo infinite. E sai che piacere per chi legge essere guidati poco per volta, stuzzicati da un Deus ex machina come lei che ha già in mente dove vuole portare i suoi protagonisti! Io intanto aspetto il seguito del bambino maledetto…

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