*II*
RES
- A un altro meritatissimo fine settimana! – il
primo brindisi di Thro fa schifo come tutti i venerdì sera, ma in fondo se non
ci fosse lui a sparlare e fare le figure di merda qualcun altro dovrebbe farlo
al posto suo... e poi dopo quattro o cinque birre migliorano.
Gruppo forse è una parola grossa, dato che siamo in
tre, la nostra squadra, e finiamo i venerdì notte nello stesso bar da quasi
cinque anni.
È un ottimo posto, mai troppo affollato, non così
vicino al dormitorio centrale da attirare troppi operai, né troppo distante
dalla stazione che mi riporta a casa nel fine settimana.
- Al letto di casa mia! – riabbatte Nite, battendo
il primo boccale di birra contro quello dell’amico.
Poi mi guardano tutti e due. Io sospiro e mi chiedo
ancora perché mai continuino ad aspettarsi che io partecipi a quella stupida...
Nite mi rifila un pugno di avvertimento nelle costole e la sua solita occhiata
da fratello maggiore, come se mi stesse dicendo di comportarmi bene a tavola e
di non fargli fare brutta figura. Alzo la mia bottiglia di rossa guardandoli in
cagnesco: - Alla tranquillità e al silenzio di casa mia, che fortunatamente è
molto lontana da qui. Alla vostra! – dico bevendo.
- Simpatico come Nettare scaduto, proprio! –
sentenzia Thro, guardandomi allo stesso modo: sa benissimo che la parte sul
silenzio era indirizzata a lui.
- Rumoroso come un bordello nell’ora di punta. -
ribatto io, sorridendo dietro a una sorsata di birra.
- Già... perché lo sopportiamo? Siamo in due, siamo
carpentieri... io dico che ce la facciamo a farlo sparire. – Nite: non è la
prima volta che scherza sulle minacce di morte. Ogni tanto mi chiedo se
preoccuparmi. Invece mi sfugge un sorrisetto mentre abbasso la bottiglia sul
tavolo.
- Ve lo spiego io perché mi sopportate ancora. –
propongo.
- Oh! Quindi ammetti di essere uno stronzo insopportabile?
– ribatte subito Thro: è dura da ammettere, ma forse, dico forse, nella nostra
squadra è il più sveglio... o semplicemente quello più svelto con le parole.
Tra di noi, in questa città in particolare, non sono granché apprezzati quelli
come lui: quelli troppo svegli, quelli che rispondono sempre in modo un po’
troppo intelligente, insieme a quelli che a scuola rispondono sempre a tutto o
capiscono tutto al volo... beh, per molti non c’è motivo migliore che prendere
a pugni qualcuno. Tutte le volte che
Thro fa una battuta che mi sembra un po’ troppo acuta, che gioca troppo con le
parole, mi viene da pensare che non deve aver avuto vita facile da ragazzino,
quando non era ancora grosso abbastanza da difendersi. Poi invece mi ricordo di
tutte le fortune che gli sono piovute dal cielo e tutta la mia possibile
solidarietà verso il suo passato scompare.
- Beh, allora dai, sentiamo! – fa Nite, con una
manata sulla mia spalla, come se stesse spingendo un grosso bottone con scritto
play. Io per un momento non gli rispondo, troppo preso dai pensieri. – Parlo
con te, smettila di fissare la birra, guarda che non scompare per magia. -
riprende lui sbatacchiandomi un po’, io me lo scrollo di dosso e mi riscuoto, cercando di ricordare quello
che volevo dire, ma non mi torna in mente.
- Mi sopportate perché... intanto questo lavoro ve
l’ho fatto ottenere io.
- Vero. – approvano quasi all’unisono, ma dalle
loro espressioni pare che non sia una motivazione sufficiente.
- Non faccio mai cazzate.
- Ma che modestia! – sorride Nite.
- É la verità. – dichiaro senza scompormi
minimamente.
- Io avrei da ridire... – fa Thro guardandomi
strano attraverso il vetro spesso del secondo boccale. Il suo sguardo mi
ricorda qualcosa che avevo faticato secoli a dimenticare e da cui avevo
imparato una lezione importante, al liceo: mai assecondare qualcuno solo perché
dice che non hai le palle per fare una determinata cosa. Specialmente se quella
cosa riguarda dell’erba confiscata da recuperare nell’ufficio del preside della
scuola... dopo averla recuperata sarebbe bene andarsene subito, non fermarsi a
fumarla con quel cretino del figlio del preside, finendo col ritrovarsi sua
lingua in bocca mentre il padre rientra.
Thro, alle spalle del preside, aveva fissato le mie
pupille dilatate per il fumo e il mio colorito che lentamente cominciava ad
assomigliare a quello dei miei capelli, poi aveva osservato l’espressione
stralunata di quell’idiota di Jeam Liith e per poco non era scoppiato a ridere:
lui doveva essere punito per una semplice rissa, a giudicare dal labbro
spaccato, ma a quel punto la cosa era passata totalmente in secondo piano e lui
aveva semplicemente fatto dietro front prima che il preside cominciasse a
sclerare di brutto. - Molto carino come nostro primo incontro, ricordi? Io quella
la classificherei come la cazzata della storia.
- Nulla che non abbia risolto da solo. – lo blocco
immediatamente: preferisco che Nite continui a pensare che mi hanno sospeso
perché ho picchiato Jeam... cosa che
in effetti ho fatto, dopo averlo baciato. O era stato lui a baciare me... beh,
comunque meglio non rivangare certe cose. – E poi... - riprendo, per cambiare
discorso.
- Ancora? - sospira Nite.
- E poi vi paro il culo quando c’è da fare qualche
lavoretto troppo in alto per voi cagasotto.
Thro alza le mani e Nite sbatte il boccale sul
tavolo: - Hai vinto, ci servi, non ti uccidiamo.
- Grazie, voi sì che siete dei veri amici... Anche
se siete dei cagasotto.
- Ehi, bimba del cielo, falla finita. – niente
battute né parolacce in questa frase: devo averlo fatto irritare. Niente di
nuovo, non gli piace molto che si scherzi sulla sua paura delle altezze. “Non
delle altezze” mi ringhia addosso tutte le volte che lo dico “Dei posti in
bilico, con pochi appigli e a mortale distanza dal suolo.”
Sarà che questa sera mi sento un po’ più annoiato
del solito o sarà il fatto che è appena arrivata la mia terza birra. Fatto sta
che lo guardo fisso, con un sorrisetto di superiorità, e porto le mani dietro
al collo, grattando con noncuranza le punte ossee che spuntano dalle scapole:
sono queste che mi hanno valso il soprannome “Bimba del cielo”, non solo il
fatto che mi senta piuttosto a mio agio su strutture traballanti. Per qualcuno
potrebbe essere un soprannome irritante, ma in realtà non lo è affatto: quello che
ho sulla schiena è qualcosa di cui andare fieri e... beh, vantarsi non fa mai
male.
A quella mia mossa, Nite sbatte un pugno sul tavolo
e mi guarda in cagnesco: - Stasera questo cerca la rissa. - dichiara con la sua
potente voce bassa e qualcuno dal bancone butta un occhio verso il nostro
tavolo, sperando in un po’ d’azione, forse.
- Su non fare il geloso. Non puoi mica
strappargliele dalle spalle. – borbotta Thro, prendendolo per una spalla e
tirandolo di nuovo a sedere. – Se cerchi un po’ di contatto fisico comunque io ci sto! - Eccolo, l’attacco della
serata: Thro non riesce a fare a meno di trovare allusioni sessuali ovunque,
soprattutto perché sa che a Nite da così fastidio.
Nite, infatti, guarda male anche lui, ma alla fine
si rilassa sulla sedia, borbottando: - ‘Fanculo, sai che me ne faccio di un
cimelio preistorico da mostrare in giro!
Non ribatto. Non c’è nulla da dire, è la verità: in
fondo, quella che ho sulle spalle non sono altro che una bella eredità senza
valore. Sono servite a rimorchiare qualcuno, quelle poche volte che c’ho
provato, quello sì, ma la loro utilità finisce tutta lì.
Sono solo ciò che rimane di quelle che una volta
erano ali.
Almeno così ci hanno insegnato a scuola: da bambino
non so quante volte mi sono trovato ad alzare la mano, quando gli insegnanti di
scienze chiedevano se qualcuno aveva ancora delle punte ossee alari sviluppate.
E poi dovevo alzarmi in piedi, sfilare la maglia e mostrarle... le elementari
in fondo sono un periodo tremendo per tutti. Una volta, a quanto sembra, anche
noi uomini avevamo le ali. I Rakut discendono direttamente dagli uccelli,
secondo la teoria dell’evoluzione, e quindi una volta avevamo ali gigantesche,
ossa forate, un peso non superiore ai 50 kg e un’altezza inferiore ai 165
centimetri.
Quando a scuola te lo dicono per la prima volta,
quasi tutti scoppiano a ridere. Ma a quanto dicono è vero, le donne l’hanno
studiato a lungo: è un dato di fatto, per quanto possa sembrare irreale. Oggi
non è rimasto nulla di queste caratteristiche, in noi uomini: abbiamo ossa
spesse, piene e resistenti, e superiamo i 165 cm a dieci anni. Per non parlare
del peso, che sarebbe già due volte tanto, senza contare i muscoli che la
maggior parte della popolazione sviluppa con i lavori manuali o lo sport.
Tutto quello che ci rimane di questo lontanissimo
passato da esseri del cielo sono dei sovrossi al posto delle ali all’altezza
delle scapole e, per i più fortunati, come il sottoscritto, due punte ossee di
5 o 6 cm.
Quello che è ancora più incredibile, comunque, qualcosa
che nemmeno adesso sono del tutto sicuro essere vero, è che questi fantomatici
antenati alati non avevano bisogno di Nutrimento.
Qualcosa di totalmente inconcepibile: vivere senza
Nutrimento... come dire che vivevano senza respirare! Per questo a mio parere è
solo una cazzata che raccontano per stupire i bambini.
Mi perdo qualche chiacchiera sui tornei della
stagione e su dove andare dopo: tanto, con quasi quattro ore di treno per
arrivare a casa, non credo che mi unirò a loro. Mi sento davvero troppo stanco
per stare in piedi tutta la notte, è stata una settimana tosta: quattro guasti
solo nel nostro dipartimento... qualcuno verrà sicuramente licenziato la
prossima settimana.
Entrano cinque ragazzi dalla porta del locale e io
li seguo distrattamente con lo sguardo.
Sembrano di buon umore, almeno quattro di loro,
quello al centro invece ha il viso teso e giallognolo, anche se cerca di
tenersi un faticoso sorriso sulla faccia. Viene praticamente sospinto dagli
altri quattro verso il bancone.
Il barista alza un sopracciglio, osservandoli
critico.
Uno dei ragazzi, si appoggia al banco.
- Un giro di Zacapa per tutti – esclama allegro.
- Solo uno? – chiede il barista, tirando fuori da
sotto il bancone la bottiglia di rum: tanta allegria va tenuta alta da più di
un bicchiere a testa.
Un altro dei quattro prende la parola, ha i capelli
viola chiaro quasi a zero e un sorriso che gli va da un orecchio all’altro.
Sventola una fiala davanti al naso del barista, e con l’altro braccio circonda
le spalle dell’amico malaticcio.
- Prima le cose serie, la festa vera comincia tra
un’oretta.
- Ok, ragazzi, andatevi a sedere, ve le porto. Ben
tornato in carreggiata, bello. – dice il barista a quello malato. Lo vedo
arrossire un po’ guardando a terra e ringraziare a voce bassa, sembra sfinito.
- Che esibizionisti del cazzo. – sbotta Nite mentre
passano di fianco al nostro tavolo, con l’intento di farsi sentire. Si becca
qualche occhiataccia, ma sono tutti troppo felici per dargli corda e attaccar
briga.
- Un amico che stava per morire, torna a vivere.
Saresti felice anche tu. – obbietta subito Thro, sempre pronto a ricordare al
mondo che amici e famiglia sono una cosa seria. Come se ci fosse davvero
qualcuno pronto a ribattere.
- É chiaro che sarei felice, ma non per questo si deve
organizzare una festa ancora prima che si regga di nuovo in piedi da solo.
Insomma, se qualcuno mi stesse così appiccicato quando mi nutro, finirei per
saltargli addosso.
- Ambiguo... – ridacchia Thro.
- Ti prego, non ricominciare. – sospiro io, buttando
indietro la testa.
- Che ho detto?! – fa Thro allargando le braccia.
- Lo sai. E comunque Nite ha ragione. Non si pressa
così uno che sta per cambiare Nettare.
Thro scuote la testa: - Ma non diciamo cazzate, un
cambio obbligato quando non ci si nutre da così tanto come quello lì? ... non è
una cosa che si affronta bene senza qualcuno vicino.
- Perché, tu che ne sai? – chiedo, un secondo prima
che lo faccia Nite in tono ben più irritato del mio.
- Ho due sorelle e una zia, non credere che sia
facile passare dal nutrimento di una a quello di un’altra e io lo faccio sa
sempre... per non parlare dei loro continui sbalzi d’umore.
- Un tratto di famiglia. – sorrido, cercando di
sdrammatizzare.
- Continua a pure a sfottere, ma non mi cercare
se...
- Ehi! – lo interrompe Nite. – Cerca di non
attirare la sfiga. Non abbiamo tutti due sorelle e una zia pronte a nutrirci,
sai?
Il discorso viene interrotto da un accesso di tosse
violentissimo, seguito da un paio di bicchieri che si frantumano al suolo.
Ci voltiamo verso il tavolo dei cinque ragazzi in
tempo per vedere quello malato che rovescia gli occhi all’indietro e l’inizio
delle prime convulsioni. Poi gli amici gli sono addosso e lo bloccano con i
loro corpi. Uno dei quattro urla a un altro di tenergli la lingua. In quello
stesso momento Nite si alza di scatto e afferra la giacca: - Che cazzo! Lo
dicevo io che non sono cose da fare in un bar.
Mi riscuoto, alzandomi: - Andiamo via. – concordo.
Thro ci guarda entrambi come se fossimo delle
ragazzine troppo impressionabili, ma poi ci segue fuori dal locare.
- Ehi, tutto bene? – chiede battendo una pacca
sulla spalla di Nite che potrebbe abbattere un palazzo. Nite lo spinge via,
senza riuscire a far funzionare l’accendino per il nervosismo: - ‘Fanculo! –
non so bene se lo ha detto a Thro o all’accendino, ma uno ha ritirato la mano e
l’altro è appena finito in mille pezzi contro un muro.
Rimaniamo tutti e tre in silenzio per qualche
secondo.
Poi Thro prende di nuovo la parola: - C’è una
discoteca da queste parti... scarichiamo un po’ di adrenalina, eh Res? –
rieccolo il tono malizioso che non lo abbandona mai del tutto.
Prendo la mia ultima sigaretta da dietro l’orecchio
e l’accendo. Tiro due boccate e poi la passo a Nite che ne ha decisamente più
bisogno di me. Lui mi guarda come gli avessi passato l’ultimo goccio d’acqua in
mezzo al deserto e mi chiede se sono sicuro, io rispondo con un’alzata di
spalle: - Io sto smettendo. – gli dico, tanto per mascherare un favore gratuito
che altrimenti mi sembrerebbe troppo... intimo. - Me ne torno a casa, l’ultimo
treno passa tra poco.
- Come al solito. – sospira Thro deluso. – Tu che
fai, Nit?
- Non mi va di ballare.
- Andiamo! Nessuno va lì veramente per ballare! –
sorride enigmatico Thro. – Non cercavi un’occasione per una “rissa”?
- Intendevo letteralmente. – borbotta Nite tra i
denti.
Thro continua a sorridere, alzando le mani: -
Ognuno si sfoga come crede..
- Niente ossa rotte, pero. – li ammonisco
blandamente. – Non voglio fare anche il vostro lavoro.
- E tu vedi di arrivare ad un orario decente
lunedì, capito campagnolo?
Non rispondo, mi limito a un cenno con la mano e poi mi
volto, cominciando a camminare verso la stazione.